(A cura di M. Pompili)
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) considera il suicidio come un problema complesso, non ascrivibile ad una sola causa o ad un motivo preciso. Sembra piuttosto derivare da una complessa interazione di fattori biologici, genetici, psicologici, sociali, culturali ed ambientali. Il suicidio, nell’ambito della salute pubblica, è un grave problema che potrebbe essere in gran parte prevenuto; costituisce la causa di circa un milione di morti ogni anno, con costi stimabili in milioni di euro, secondo quanto indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanitá. Nel 2000, circa un milione di individui ha perso la vita a causa del suicidio, mentre un numero di individui variabile da 10 a 20 volte più grande ha tentato il suicidio. Ciò rappresenta in media una morte per suicidio ogni 40 secondi ed un tentativo di suicidio ogni 3 secondi.
Questo ci porta a concludere che muoiono più persone a causa del suicidio che per i conflitti armati di tutto il mondo e per gli incidenti automobilistici. In tutte le nazioni, il suicidio è attualmente tra le prime tre cause di morte nella fascia di età 15-34 anni, infatti, pur riguardando tutte le fasce di età, a tutt’oggi è un fenomeno che interessa maggiormente i giovani. E’ dunque un fenomeno che non può essere ignorato, e vi è la necessità di infrangere quel silenzio deleterio che si sviluppa intorno a tale tema. Secondo quanto affermato da un documento dell’OMS, il suicidio è un problema di grande entità nei paesi europei, soprattutto tra i nuovi stati indipendenti dell’Europa dell’est.
I governi di tutte le nazioni del mondo sono impegnati nella lotta contro il suicidio, promuovendo la consapevolezza e migliorando gli interventi e le tecniche preventive. Ogni individuo può fare qualcosa per aiutare a ridurre il numero delle persone che considerano il suicidio come soluzione al loro dolore mentale.
Lo studio scientifico del suicidio, noto come suicidologia, può essere fatto risalire al 1957, quando Shneidman e Farberow pubblicarono il loro articolo sulle note di suicidio. Riproduzioni di note di suicidio sono state pubblicate almeno dal 1856 (Shneidman, 1979), ma ciò che rese unico lo studio di Shneidman e Farberow fu l’uso pionieristico di note di suicidio di “controllo”, cioè note di suicidio simulate, fornite da individui non suicidi, messe a confronto “in cieco” con note di suicido vere. Il Metodo di Differenza di Mill, il fulcro della scienza induttiva, fu per la prima volta applicato al campo del suicidio.Ognuno dovrebbe saper riconoscere i segnali d’allarme per il suicidio.
Spesso il soggetto a rischio di suicidio si presenta con pensieri identificabili con le seguenti espressioni:
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“Sono triste, depresso”,
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“Vorrei essere morto”,
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“Mi sento solo”,
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“Non riesco a fare nulla”,
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“Non posso più andare avanti così”,
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“Sono un perdente”,
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“Gli altri staranno meglio senza di me”.
Colui che desidera o minaccia di farsi male o di uccidersi ed è in cerca di mezzi come armi da fuoco, farmaci o altro, e che parla della morte, cosa insolita per tale persona, dovrebbe indurre la considerazione di un alto rischio di suicidio.
Inoltre, un alto rischio di suicidio è associato a sentimenti di disperazione, rabbia incontrollabile; alla ricerca di vendetta, all’agire in modo imprudente o rischioso e senza meditare sulle conseguenze di un certo comportamento, al sentirsi intrappolati e sentirsi senza via d’uscita. Il rischio è poi associato al consumo di alcol e droga; all’allontanamento dalle amicizie, dalla famiglia, e dai contatti sociali; ansia, agitazione e disturbi del sonno sono sempre identificabili in presenza di rischio di suicidio.
L’individuo a rischio spesso riferisce cambiamenti marcati del tono dell’umore, mancanza di motivazione nel vivere e della non identificazione del senso della vita. Il suicidio si può prevenire. La maggior parte degli individui con rischio di suicidio vuole assolutamente vivere; costoro non riescono, però, a trovare possibili alternative ai loro problemi. La maggior parte degli individui emette chiari segnali inerenti alla loro intenzione suicida, ma spesso gli altri non colgono il significato di tali messaggi, oppure non sanno come rispondere alla loro richiesta d’aiuto. Parlare del suicidio non induce nell’altro un proposito suicidario; al contrario, l’individuo in crisi e che pensa al gesto si sente sollevato dal poterne parlare, ed ha l’opportunità di sperimentare un contatto empatico. Il suicidio affligge profondamente gli individui, le famiglie, i luoghi di lavoro, la comunità e la società nel suo complesso.
Coloro che perdono un loro caro a causa del suicidio, rimangono a lungo traumatizzati e sono anch’essi a rischio di suicidio. La sfida della prevenzione del suicidio dovrebbe essere intrapresa dalla collettività. Gli addetti alla salute mentale e tutti gli operatori che entrano in contatto con la popolazione generale, per fornire servizi di assistenza, consulenza e supporto, dovrebbero essere coloro che veicolano informazioni chiare e precise sul riconoscimento e sulla gestione del soggetto suicida. Campagne di sensibilizzazione a livello nazionale proposte dalle autorità competenti dovrebbero essere estese a tutta la popolazione, rispettando le guidelines proposte ai mass-media per la diffusione di servizi e reportage riguardanti il fenomeno suicidario.