Valutazione e gestione della crisi suicidaria
Simon (21) ha recentemente riportato in un lavoro la complessità del rischio di suicidio imminente sottolineando che il rischio varia da un minuto all’altro, da un’ora all’altra e da un giorno all’altro. Ne deriva che la valutazione del rischio di suicidio deve essere un processo continuo e non un evento isolato.
E’ stato ampiamente confermato da diversi studi, che due terzi di coloro che commettono il suicidio comunicano il loro intento di uccidersi alcune settimane prima dell’atto suicidario ai loro familiari o amici (22-24). Il 40%, secondo questi studi, comunicava l’intento di uccidersi in modo esplicito; e metà delle persone valutate attraverso l’autopsia psicologica, non era mai stata in contatto con alcun operatore della salute mentale nel corso della loro vita. Circa il 90% aveva però usufruito di assistenza medica nell’anno precedente la morte, ma non assistenza psichiatrica.
Per tale motivo sono state elaborate una serie di scale cliniche volte a valutare il rischio di suicidio nei soggetti.
L’utilità clinica delle scale di valutazione consiste nel fornire al clinico la possibilità di introdurre la discussione sul tema del suicidio, oltre a completare la valutazione generale del rischio, attraverso punteggi standardizzati sulla popolazione generale.